TWILIGHT OUTTAKES
(Note: Questa scena è stata ritagliata dal capitolo 11 ‘Complicazioni’. Mi ossessionava rimuoverla ma non riuscivo a capire quale fosse il perché, così l’ho lasciata andare. Quando era troppo tardi per tornare indietro, finalmente realizzai cosa mi turbava. Sebbene io mi riferisca alla goffaggine di Bella in ginnastica parecchie volte, non l’ho mai veramente mostrata in azione. Questa era l’unica volta che Edward stava ‘guardando’, e così il naturale posto per mettere in mostra questa goffaggine. Ha ha – e adesso la mia spiegazione è quasi più lunga dell’outtake!!)
BADMINTON
Entrai a ginnastica, con la testa leggera, esitante. Mi spostai lentamente verso lo spogliatoio cambiandomi in uno stato di trance, solo vagamente consapevole che ci fossero altre persone che mi circondavano. La realtà non si instaurò completamente fino a che non mi fu consegnata una racchetta. Non era pesante, si sentiva già molto insicura nella mia mano. Potevo vedere alcuni degli altri ragazzi nella classe guardarmi furtivamente. Il professor Clapp ci ordinò di dividerci in squadre a coppie.
Pietosamente, alcune tracce della cavalleria di Mike erano ancora sopravvissute; lui venne a trovarsi accanto a me.
“Vuoi essere una squadra?” chiese allegramente.
“Grazie, Mike – non sei obbligato a farlo, lo sai.” Storsi la bocca.
“Non preoccuparti, mi terrò fuori dalla tua portata,” sogghignò. Qualche volta era così facile voler bene a Mike.
Non andò liscio. Cercai di stare a debita distanza da Mike così che lui potesse tenere l’uccellino in gioco, ma venne il professor Clapp e gli ordinò di rimanere nella sua parte del campo così io potevo partecipare. Lui rimase, guardando, per far valere le sue parole.
Con un sospiro, entrai dentro un posto più centrale nel campo, tenendo la mia racchetta diritta, anche se con circospezione. La ragazza nell’altra squadra sghignazzò maliziosamente mentre serviva l’uccellino – dovevo averla ferita durante la lezione di basket – lanciandolo appena a pochi piedi dietro la rete, direttamente verso di me. Scattai in avanti in modo sgraziato, mirando la mia battuta in direzione del piccolo animale di gomma, ma dimenticai di mettere in conto la rete. La mia racchetta tornò di rimbalzo dalla rete con sorprendente forza, schizzando fuori dalla mia mano e rimbalzando sulla mia fronte prima di bastonare Mike sulla spalla mentre lui sfrecciava per prendere l’uccellino che io avevo completamente mancato.
Il professor Clapp tossì, o coprì una risata.
“Mi dispiace Newton,” borbottò, camminando via lentamente così noi potevamo tornare alle nostre precedenti posizioni, meno pericolose.
“Stai bene?” chiese Mike, massaggiando la sua spalla, così come io stavo strofinando la mia fronte.
“Si, e tu?” domandai umilmente, recuperando la mia arma.
“Penso che lo sarò.” Lui ruotò il suo braccio in un cerchio, assicurandosi di avere ancora tutta la gamma dei movimenti.
“Starò appena qui dietro.” Camminai verso l’angolo inferiore del campo, tenendo la mia racchetta cautamente dietro la mia schiena.
TWILIGHT OUTTAKES
(Note: Riconoscerai pezzi di questo capitolo – piccoli pezzi sono sopravvissuti e sono stati combinati con quello che è ora il capitolo 20 “Inquietudine”. Questo capitolo rallentava il passo alla parte della storia “caccia”, ma sento come se avessi tagliato molto della personalità di Alice quando l’ho sacrificato.)
SHOPPING WITH ALICE
La macchina era sinuosa, nera e potente; i suoi finestrini erano tinti di un nero sfumato. Il motore faceva le fusa come un grande gatto mentre noi sfrecciavamo attraverso la notte profonda.
Jasper guidava con una sola mano, sembrava in modo distratto, ma la muscolosa macchina volva con precisione perfetta.
Alice sedeva con me sul sedile posteriore di pelle nera. In qualche modo durante la lunga notte, la mia testa era finita contro il suo collo marmoreo, le sue braccia fredde mi abbracciavano, la sua guancia era premuta contro la parte superiore della mia testa. La parte davanti della sottile camicia era fredda, bagnata con le mie lacrime. Di tanto in tanto se il mio respiro diventava irregolare, lei mormorava dolcemente; nella sua veloce, alta voce, gli incoraggiamenti suonavano come un canto. Per mantenermi calma, io mi focalizzai sul tocco della sua fredda pelle; mi dava la sensazione di un contatto fisico ad Edward.
Entrambi mi avevano assicurato – quando realizzai, in preda al panico, che tutte le mie cose erano ancora nel furgone – che lasciarle indietro era necessario, qualcosa a che fare con l’odore. Mi dissero di non preoccuparmi di vestiti o denaro. Cercai di fidarmi di loro, facendo uno sforzo per ignorare quanto stessi scomoda negli abiti di Rosalie che non erano della mia taglia. Era una cosa stupida di cui preoccuparsi.
Sulle autostrade lisce, Jasper non aveva mai guidato la robusta macchina a meno di 120 miglia all’ora. Sembrava completamente inconsapevole dei limiti di velocità, ma non incontrammo mai una macchina della polizia. L’unica diversità nella monotonia della guida furono le due fermate che facemmo per il carburante. Notai pigramente che Jasper andò dentro per pagare alla cassa entrambe le volte.
L’alba cominciò a sorgere quando eravamo da qualche parte nel nord della California. Guardavo con occhi asciutti, dolenti mentre la luce grigia si faceva si faceva strada attraverso il cielo senza nuvole. Io ero esausta, ma il sonno non mi aveva toccato, la mia mente (era) troppo piena di immagini disturbanti per rilassarsi in uno stato di incoscienza. L’espressione rotta di Charlie – il brutale ghigno di Edward, a denti scoperti – lo sguardo con occhi spalancati del segugio – l’espressione desolata di Laurent – l’aspetto morto negli occhi di Edward dopo che mi aveva baciato l’ultima volta; come immobili diapositive esse lampeggiavano davanti, alternando i miei sentimenti tra il terrore e la disperazione.
A Sacramento, Alice volle che Jasper si fermasse per prendere del cibo per me. Ma io scossi la mia testa stancamente, e gli indicai di continuare a guidare con una voce vuota.
Alcune ore più tardi, in un sobborgo fuori L.A., Alice gli parlò nuovamente a voce bassa, e lui uscì dall’autostrada al suono delle mie deboli proteste. Un grande supermercato era visibile dall’autostrada, e lui si fece strada fino a lì, entrando nel garage nel livello sottoterra per parcheggiare.
“Stai con la macchina,” lei istruì Jasper.
“Sei sicura?” sembrava apprensivo.
“Non vedo nessuno qui” disse lei. Lui annuì, acconsentendo.
Alice prese la mia mano e mi spinse fuori dall’auto. Tenne stretta la mia mano tenendomi accanto a lei mentre uscivamo dall’oscuro garage. Lei si tenne lungo il bordo del garage, tenendosi nell’ombra. Notai come la sua pelle sembrava brillare nella luce solare che rifletteva dal marciapiede. Il supermercato era affollato, passarono molti gruppi di compratori, alcuni di loro girarono le loro teste per guardarci (passare).
Camminammo sotto un ponte che collegava il livello superiore del parcheggio al parcheggio al secondo piano del supermercato, sempre tenendoci fuori dalla luce diretta del sole.
Una volta dentro, sotto le luci fluorescenti del negozio, Alice sembrava meno notevole (che si notava) – semplicemente una ragazza pallida come il gesso all’erta, ma con occhi con profonde occhiaie e capelli neri ritti. I cerchi sotto i miei occhi,ero sicura, erano più evidenti dei sui. Noi ancora catturavamo l’attenzione di qualcuno che guardava nella nostra direzione. Mi chiedevo cosa pensavano di vedere.
La delicata, danzante Alice, con il suo viso d’angelo che colpiva, era vestita con un sottile, pallido tessuto che non diminuiva del tutto il suo pallore, tenendomi per mano, ovviamente guidandomi, mentre io camminavo stancamente nei miei vestiti poco adatti, i miei capelli mosci contorti in nodi giù per la mia schiena.
Alice mi condusse direttamente al reparto cibo.
“Cosa vuoi da mangiare?”
L’odore dell’unto fast food mi fece torcere lo stomaco. Ma gli occhi di Alice non si fecero persuadere. Chiesi senza entusiasmo un sandwich.
“Posso andare al bagno?” domandai mentre ci dirigevamo verso la fila.
“Okay,” cambiò direzione, senza lasciare mai la mia mano.
“Posso andare da sola.” L’atmosfera quotidiana del generico supermercato mi fece sentire la più normale (atmosfera) dal nostro gioco disastroso dell’ultima notte.
“Mi dispiace, Bella, ma Edward leggerà la mia mente quando verrà qui, e se vedrà che ti ho lasciato fuori dalla mia vista per un minuto…” lei abbassò la voce non desiderosa di vedere le atroci conseguenze.
Per lo meno aspettò fuori la cabina nel bagno affollato. Mi lavai il viso oltre che le mani, ignorando lo sguardo stupito delle donne intorno a me. Cercai di pettinarmi i capelli con le dita, ma velocemente smisi. Alice prese nuovamente la mia mano alla porta, e noi ritornammo lentamente verso la fila al cibo. Mi stavo trascinando, ma lei non sembrava impaziente con me.
Mi guardava mangiare, lentamente all’inizio e poi più veloce mentre il mio appetito ritornava. Bevvi la soda che mi aveva comprato così velocemente che lei mi lasciò per un momento – senza togliermi gli occhi di dosso, comunque – per prenderne un’altra.
“E’ definitivamente più conveniente, il cibo che mangi tu,” lei commentò mentre finivo, “Ma non sembra molto divertente”
“Cacciare è più eccitante, immagino”
“Non ne hai idea.” Lei mostrò una fila di denti luccicanti, e le teste di molte persone si voltarono nella nostra direzione.
Dopo aver buttato via i nostri rifiuti, lei mi condusse lungo gli ampi corridoi del supermercato, i suoi occhi che si illuminavano di tanto in tanto su qualcosa che lei voleva, tirandomi con lei ad ogni fermata. Si fermò per un momento ad una boutique cara per comprare tre paia di occhiali da sole, due da donna e uno da uomo. Notai che il commesso la guardò con una nuova espressione quando gli consegnò una carta di credito chiara non familiare (che non conoscevo) con linee dorate che l’attraversavano. Trovò un negozio di accessori dove prese una spazzola per capelli e nastri di gomma.
Ma lei non cominciò veramente a fare acquisti fino a quando non mi trascinò in quel tipo di negozio che non frequentavo mai, perché il prezzo per un paio di calze sarebbe stato fuori dalla mia portata.
“Sei circa una taglia 2.” Era un’affermazione, non una domanda.
Lei mi usò come un mulo da pacchi, caricandomi con un impressionante ammontare di vestiti. Di tanto in tanto la vedevo prendere una tagli extra-small mentre cercava qualcosa per sé. Gli abiti che lei sceglieva per se stessa erano tutti di materiale leggero, ma con maniche lunghe o lunghi fino a terra, disegnati per coprire il più possibile la sua pelle. Un cappello di paglia, nero, a tesa larga incoronava la montagna di vestiti.
La commessa ebbe una reazione simile alla inusuale carta di credito, diventando più servile, e chiamando Alice ‘miss’. Il nome che lei disse non era familiare, comunque. Una volta che noi eravamo di nuovo fuori nel supermercato, le nostre braccia cariche di borse, delle quali lei portava la parte del leone (quella più pesante) io glielo chiesi.
“Come ti ha chiamato?”
“La carta di credito dice Rachel Lee. Staremo molto attenti a non lasciare alcun genere di traccia per il segugio. Andiamo a farti cambiare.
Pensai di nuovo a questo mentre mi conduceva di nuovo nel bagno, spingendomi dentro la cabina dei disabili così che io potessi avere spazio per muovermi. La sentii frugare nelle borse, tenere finalmente in mano un leggero vestito di cotone blu sopra la porta per me. Con gratitudine mi tolsi i jeans troppo stretti, troppo lunghi di Rosalie, tolsi la camicia che cascava su di me in tutti i posti sbagliati , e li volai al di là della porta da sopra verso di lei. Lei mi sorprese spingendomi un paio di soffici sandali di pelle sotto la porta – quando li aveva presi? Il vestito mi stava incredibilmente bene, il costoso taglio evidente nel modo in cui esso scivolava su di me. Mentre lasciavo la cabina notai che lei stava mettendo gli abiti di Rosalie nella pattumiera.
“Tieni le tue scarpe da ginnastica,” disse. Le misi in cima a una delle borse.
Ci indirizzammo indietro verso il garage. Alice ricevette meno sguardi questa volta; lei era così coperta di borse che la sua pelle era scarsamente visibile.
Jasper stava aspettando. Scivolò fuori dalla macchina mentre noi ci avvicinavamo – la bauliera era aperta. Mentre allungava la mano per prendere le mie borse per prime, lanciò ad Alice uno sguardo ironico.
“Sapevo che sarei dovuto andare io” lui mormorò.
“Si” concordò lei “ti avrebbero amato nel bagno delle donne.” Lui non rispose.
Alice frugò velocemente nelle sue borse prime di metterle nel bagagliaio. Passò a Jasper un paio di occhiali da sole, indossandone un paio lei stessa. Mi passò il terzo paio, e la spazzola per capelli. E tirò fuori una lunga camicia senza maniche, sottile, trasparente, nera mettendola sopra la sua t-shirt, lasciandola aperta. Infine aggiunse il cappello di paglia. Su di lei il temporaneo costume sembrava come se appartenesse a Runaway (rivista di moda – sfilata).
Afferrò una manciata in più di vestiti e, arrotolandoli in una palla, aprì la portiera posteriore e fece un cuscino sul sedile.
“Adesso hai bisogno di dormire,” lei ordinò fermamente. Mi acciambellai obbedientemente sul sedile, lasciando (cadere) la mia testa , arrotolandomi dalla mia parte. Ero mezzo addormentata quando la macchina prese vita.
“Non avresti dovuto comprarmi tutte quelle cose,” mormorai.
“Non preoccuparti di questo, Bella. Dormi.” La sua voce era senza riposo.
“Grazie” sussurrai, e scivolai in un difficile sonno.
Era il fastidio del dormire in una posizione impacciata che mi svegliò. Ero ancora esausta, ma improvvisamente impaurita mentre ricordavo dove fossi. Mi tirai su per vedere la Valle del Sole stendersi di fronte a me; l’ampia, piatta distesa di tetti con le tegole, di palme, autostrade, smog e piscine, abbracciata dalle corte, creste rocciose che noi chiamiamo montagne. Fui sorpresa di non sentire alcun senso di sollievo, solo una fastidiosa nostalgia per i piovosi cieli e verdi recinti del posto che significavano Edward per me. Scossi la mia testa cercando di respingere il bordo di disperazione che minacciava di sopraffarmi.
Jasper e Alice stavano parlando; consapevoli, sono sicura, che io ero di nuovo cosciente, ma loro non ne dettero segno. Le loro voci soft, veloci, una bassa, una alta, ondeggiavano musicalmente intorno a me. Ero sicura che stessero discutendo su dove stare.
“Bella,” Alice si rivolse a me in modo casuale, come se io fossi già parte della conversazione, “quale è la strada per l’aeroporto?”
Pensai per un momento, il mio cervello ancora annebbiato dal sonno.
“Voleremo da qualche parte?” domandai.
“No, ma è meglio essere vicini, per ogni evenienza” Lei aprì il suo cellulare e apparentemente chiamò il centro informazioni. Parlò più lentamente del solito, chiedendo di un hotel vicino all’aeroporto, mostrandosi d’accordo a un suggerimento, poi facendo una pausa mentre era connessa. Fece una prenotazione per una settimana sotto il nome di Christian Bower, dettando il numero di una carta di credito senza guardarne nessuna. La sentivo ripetere le indicazioni di nuovo per l’operatore; sono sicura che lei non aveva bisogno di aiuto con la sua memoria.
La visione del telefono mi fece ricordare le mie responsabilità.
“Alice,” dissi mentre lei finiva “Ho bisogno di chiamare mio padre.” La mia voce era più sobria. Lei mi passò il telefono.
Era tardi pomeriggio; speravo fosse al lavoro. Ma lui rispose al primo squillo. Mi feci piccola, disegnando il suo viso ansioso al telefono.
“Papà?” dissi esitante.
“Bella! Dove sei, dolcezza?” un profondo sollievo riempì la sua voce.
“Sono per strada.” Non c’era bisogno di dirgli che mi ero fatta un viaggio di tre giorni in una notte.
“Bella, tu devi tornare.”
“Ho bisogno di andare a casa.”
“Dolcezza, parliamone. Non devi partire solo a causa di qualche ragazzo.” Era molto attento, potevo dire.
“Papà, dammi una settimana. Ho bisogno di pensare a delle cose, e poi deciderò se tornare. Questo non ha niente a che fare con te, okay?” La mia voce tremava leggermente, “Ti voglio bene, papà. Qualunque cosa io decida, ci rivedremo presto, promesso.”
“Okay, Bella.” La sua voce era rassegnata. “Chiamami quando arrivi a Phoenix.”
“Ti chiamerò da casa, Papà. Ciao.”
“Ciao, Bells.” Esitò prima di attaccare.
Per lo meno ero di nuovo in buoni rapporti con Charlie. Pensai mentre ripassavo il telefono ad Alice. Lei mi stava guardando attentamente, aspettando forse un’altra esplosione emotiva. Ma ero troppo stanca.
La familiare città passò oltre il mio finestrino oscuro. Il traffico era calmo. Percorremmo la nostra strada velocemente attraverso la periferia e poi curvammo intorno al lato nord dello Sky Harbor International, girando a sud nel Tempe. Appena dall’altra parte dell’asciutto letto del fiume Salt, un miglio o circa dall’aeroporto, Jasper esitò all’indicazione di Alice. Lei lo diresse con facilità attraverso le strade in superficie fino all’entrata dell’Hilton dell’aeroporto.
Io avevo pensato al Motel 6, ma ero sicura che loro non si sarebbero preoccupati dei soldi. Sembravano averne una riserva senza fine.
Entrammo nel parcheggio dell’auto a cura dell’albergo sotto l’ombra di una lunga ramada(?), e due fattorini si mossero velocemente verso il lato dell’impressionante automobile.
Jasper e Alice uscirono fuori sembrando molto come star del cinema nei loro scuri occhiali da sole. Io uscii fuori goffamente, irrigidita dalle lunghe ore in macchina, sentendomi a casa. Jasper aprì il bagagliaio, e l’ossequioso staff velocemente scaricò le nostre borse shopping in un carrello d’ottone. Loro erano troppo bene abituati per offrire sguardi sorpresi alla nostra mancanza di veri bagagli.
La macchina era stata molto fresca dentro nell’oscurità interiore; uscire fuori nel pomeriggio di Phoenix, persino all’ombra, era come appiccicare la mia testa ad una forno pronto per arrostire… Per la prima volta quel giorno, mi sentii a casa.
Jasper camminò sicuro attraverso la hall vuota. Alice si tenne attentamente al mio fianco, i fattorini ci seguivano ansiosi con le nostre cose. Jasper si avvicinò al bancone con la sua incosciente aria regale.
“Bower,” fu tutto quello che disse alla receptionist dall’aria professionale. Lei registrò velocemente la sua informazione, con solo il più piccolo degli sguardi verso l’idolo dai capelli dorati davanti a lei che tradiva la sua adeguata professionalità.
Fummo velocemente condotti alla nostra grande suite. Sapevo che due stanze erano semplicemente per amor di convenienza. I fattorini scaricarono i nostri bagagli in maniera efficiente mentre io sedetti stancamente sul divano e Alice danzava per esaminare le altre stanze. Jasper dette loro la mano mentre uscivano, e l’occhiata che loro si scambiarono sulla strada fuori dalla porta era più che soddisfatta; erano quasi inebriati. A quel punto eravamo soli. Jasper andò alla finestra, chiudendo entrambi gli strati delle tende per sicurezza.
Alice apparve e mi tirò un menù del servizio in camera sullo stomaco.
“Ordina qualcosa,” ordinò.
“Sto bene,” dissi stancamente.
Lei mi lanciò un’occhiata torva, e riprese il menù. Borbottando qualcosa a proposito di Edward, prese il telefono.
“Alice veramente,” cominciai, ma il suo sguardo mi zittì. Appoggiai la mia testa sul braccio del divano e chiusi gli occhi.
Un colpo alla porta mi svegliò. Saltai su così velocemente che scivolai direttamente dal divano al pavimento e sbattei la fronte contro il tavolo da caffè.
“Ow,” dissi, imbambolata, sfregandomi la testa.
Sentii Jasper ridere una volta, e guardai su per vederlo coprire la sua bocca, cercando di soffocare il resto del suo divertimento. Alice andò alla porta, premendo fermamente le sue labbra insieme, gli angoli della sua bocca che si contorcevano.
Arrossii e crollai indietro sul divano, tenendomi la testa tra le mani. Era il mio cibo; l’odore della carne rossa, formaggio, aglio e patate fluttuò allettante intorno a me. Alice portò il vassoio abilmente come se avesse fatto la cameriera per anni, e lo mise sul tavolo alle mie ginocchia.
“Hai bisogno di proteine,” lei spiegò, sollevando lo scaldavivande d’argento per rivelare una grande bistecca e una decorativa scultura di patate. “Edward non sarà felice con te se quando verrà qui il tuo sangue avrà un profumo anemico.” Ero quasi sicura che stesse scherzando.
Adesso che potevo odorare il cibo avevo di nuovo fame. Mangiai velocemente, sentendo che le mie energie ritornavano mentre gli zuccheri colpivano il mio flusso sanguigno. Alice e Jasper mi ignorarono, guardando le notizie e parlando così velocemente e a bassa voce che io non riuscivo a capire una parola.
Un secondo colpo bussò alla porta. Saltai in piedi evitando di poco un altro incidente con il vassoio mezzo vuoto sul tavolo da caffè.
“Bella, tu hai bisogno di calmarti,” disse Jasper, mentre Alice rispondeva alla porta.
Un membro del personale dello staff le dette una piccola borsa con il logo Hilton su essa e se ne andò silenziosamente. Alice la portò dentro e me la dette. La aprii per trovare uno spazzolino, dentifricio, e tutte le altre cose critiche che avevo lasciato nel retro del mio furgone.
Mi salirono le lacrime agli occhi.
“Voi siete così carini con me.” Guardai Alice e poi Jasper, sopraffatta.
Avevo notato che Jasper era generalmente il più attento a tenere una distanza da me, così mi sorprese quando mi venne accanto e mi mise la mano sulla spalla.
“Tu sei parte del gruppo, adesso” scherzò, sorridendo caldamente. All’improvviso sentii un profondo rilassamento farsi strada attraverso il mio corpo; le mie palpebre erano per qualche motivo troppo pesanti da tenere aperte.
“Molto sottile Jasper;” sentii Alice dire in un tono storto. Le sue fresche, esili braccia scivolarono sotto le mie ginocchia e dietro la mia schiena. Lei mi sollevò, ma mi ero addormentata prima che mi mettesse a letto.
Era molto presto quando mi svegliai. Avevo dormito bene, senza sogni ed ero più all’erta di quanto fossi normalmente quando mi svegliavo. Era buio, ma c’erano bagliori bluastri di luce che venivano da sotto la porta. Allungai una mano accanto al letto, cercando di trovare una lampada sul comodino. Una luce si accese sopra la mia testa, io annaspai, e Alice era lì, in ginocchio accanto a me sul letto, la sua mano sulla lampada che era stata follemente montata sopra la testata del letto.
“Scusa,” lei disse mentre crollavo di nuovo sul cuscino con sollievo “Jasper ha ragione,” continuò, “Hai bisogno di rilassarti.”
“Bene non dirglielo,” brontolai “Se lui cerca di rilassarmi ancora di più sarò in coma.”
Lei ridacchiò “L’hai notato, eh?”
“Se lui mi avesse colpito sulla testa con una padella sarebbe stato meno ovvio.”
“Avevi bisogno di dormire” lei fece spallucce ancora sorridendo.
“E adesso ho bisogno di una doccia, ick!” Realizzai che ero ancora nel vestito celeste, che non era per niente spiegazzato come avrebbe dovuto essere. La mia bocca sembrava gonfia.
“Penso che avrai una escoriazione sulla tua fronte,” disse mentre mi dirigevo verso il bagno.
Dopo che mi fui pulita, mi sentii molto meglio. Indossai i vestiti che Alice mi aveva messo sul letto, una camicia verde militare che sembrava fatta di seta, e pantaloncini di lino marrone. Mi sentii colpevole che le mie nuove cose erano molto più belle di qualsiasi altro vestito che avevo lasciato indietro.
Era bello fare finalmente qualcosa per i miei capelli; gli shampoo dell’albergo erano di una marca di buona qualità e i miei capelli tornarono di nuovo brillanti: Presi il mio tempo con il phon per una perfetta stiratura. Avevo la sensazione che non avremmo fatto molto oggi. Un’attenta ispezione allo specchio rivelò un’ombra scura sulla mia fronte. Favoloso.
Quando finalmente emersi, la luce si era alzata intorno ai bordi delle spesse tende. Alice e Jasper erano seduti sul divano, fissando la tv quasi muta. C’era un nuovo vassoio di cibo sul tavolo.
“Mangia,” disse Alice, indicandolo fermamente.
Mi sedetti obbedientemente sul pavimento, e mangiai senza notare il cibo. Non mi piaceva l’espressione su entrambe le loro facce. Erano troppo immobili. Guardavano la tv senza mai distogliere gli occhi, anche se erano in onda le pubblicità. Spinsi via il vassoio, il mio stomaco all’improvviso si turbò. Alice guardò in basso ora, occhieggiando il vassoio ancora pieno con uno sguardo di disappunto.
“Cosa c’è che non và, Alice?” chiesi debolmente.
“Non c’è niente che non và.” Lei mi guardò con ampi occhi onesti a cui io non credetti per un secondo.
“Bene, che cosa facciamo adesso?”
“Aspettiamo che Carlisle chiami.”
“E avrebbe già dovuto chiamare?” Potevo vedere che ero vicina al segno. Gli occhi di Alice guizzarono dai miei al telefono in cima alla sua borsa di pelle e tornarono ai miei..
“Che cosa significa?” La mia voce tremò e combattei per controllarla “Che lui non ha ancora chiamato?”
“Significa solo che non hanno ancora niente da dirci.” Ma la sua voce era troppo piatta, e l’aria divenne improvvisamente più dura da respirare.
“Bella,” disse Jasper in una voce sospettosamente suadente, “tu non hai nulla di cui preoccuparti. Sei completamente al sicuro qui.”
“Pensi che sia questo che mi preoccupa?” Chiesi incredula.
“Cos’altro c’è?” Anche lui era sorpreso. Lui poteva sentire il tipo delle mie emozioni, ma non poteva capire le ragioni dietro di esse.
“Hai sentito che cosa ha detto Laurent,” la mia voce era bassa, ma naturalmente loro potevano sentirmi con facilità. “Ha detto che James è letale. Se qualcosa và storto, se loro si dividono. Se succede qualcosa a qualcuno di loro, Carlisle, Emmett… Edward…” Inghiottii “Che cosa potrebbe accadere se quella selvaggia femmina colpisce Carol (?) o Esme…” la mia voce era diventata più alta, una nota di isteria stava cominciando a crescere. “Come potrei vivere (con me stessa) quando è colpa mia? Nessuno di voi dovrebbe rischiare se stesso per me –“
“Bella, Bella, fermati,” lui mi interruppe, le sue parole uscivano velocemente.
“Ti stai preoccupando delle cose sbagliate, Bella. Fidati di me – nessuno di noi è in pericolo. Tu ora sei troppo sotto stress, non aggiungere ad esso preoccupazioni del tutto inutili. Ascoltami –“ perché io avevo distolto lo sguardo, “La nostra famiglia è forte. La nostra unica paura è quella di perderti.”
“Ma perché voi dovreste –“ Questa volta mi interruppe Alice, toccandomi la guancia con le dita fredde.
“Per quasi un secolo Edward è rimasto solo. Adesso ha trovato te, e la nostra famiglia è completa. Pensi che qualcuno di noi avrebbe il coraggio di guardarlo negli occhi per i prossimi cent’anni se ti perde?”
Il mio senso di colpa sbiadiva lentamente mentre guardavo dentro i suoi occhi oscuri. Ma, anche se la calma si diffondeva in me, sapevo che non potevo fidarmi dei miei sentimenti con Jasper presente.
TWILIGHT OUTTAKES
(Note: Questo pezzo è stato tagliato fuori dall’originale epilogo. Sebbene io abbia brevemente spiegato la storia remota di Emmett nel capitolo 14 “Ragione e Istinto,” mi manca veramente non averla descritta minuziosamente con le sue stesse parole.)
EMMETT AND THE BEAR
Fui sorpresa di trovare una strana affinità che aumentava tra me ed Emmett, specialmente dopo che lui una volta era stato il più terrorizzante di tutti gli altri. Doveva avere a che fare con come noi eravamo stati entrambi scelti per unirsi alla famiglia; noi avevamo entrambi amato – ed eravamo stati riamati – mentre eravamo umani, sebbene molto brevemente per lui. Solo Emmett ricordava – lui solo capiva veramente il miracolo che Edward rimaneva per me.
Ne parlammo per la prima volta una sera mentre tutti e tre stavamo distesi sui divani chiari del salotto, Emmett mi intrattenne tranquillamente con i ricordi che erano migliori delle storie sulle fate, mentre Edward era concentrato su un programma di cucina – lui aveva deciso che doveva imparare a cucinare, con mio stupore, e sarebbe stato approssimativo senza l’appropriato senso del gusto e dell’olfatto. Dopotutto, c’era qualcosa che non gli veniva naturale.
La sua fronte perfetta si corrugò mentre il celebre cuoco insaporì ancora un altro piatto in base al gusto. Io repressi un sorriso.
“Lui stava finendo di giocare con me allora, ed io seppi che stavo per morire,” Emmett ricordò dolcemente, concludendo il racconto dei suoi anni umani con la storia dell’orso. Edward non ci prestava attenzione; lui l’aveva già sentita (prima). “Io non potevo muovermi, e la mia coscienza stava scivolando via, quando sentii quello che pensavo fosse un altro orso, e un combattimento finale per chi avrebbe ottenuto la mia carcassa, supposi. Improvvisamente sentii come se stessi volando. Immaginai di essere morto ma in ogni modo cercai di aprire gli occhi. E allora vidi lei –“ il suo viso era incredulo al ricordo; mi identificai completamente, “ – e seppi che ero morto. Non mi preoccupava neanche il dolore – combattei per tenere le mie palpebre aperte, non volevo perdere un secondo del viso dell’angelo. Deliravo naturalmente, chiedendomi perché non avevamo ancora raggiunto il paradiso, pensando che doveva essere più lontano di quanto mi aspettassi. Continuavo ad aspettare che lei prendesse il volo. E poi mi avrebbe portato da Dio.” Lui rise la sua profonda, fiorente risata. Potevo facilmente capire chiunque facesse quella affermazione.
“Pensavo che quello che accadeva poi fosse il mio giudizio. Io avevo avuto un po’ troppo divertimento nei miei venti anni umani, così non fui sorpreso dalle fiamme dell’inferno.”
Lui rise di nuovo, sebbene io rabbrividii; il braccio di Edward si strinse intorno a me inconsciamente. “Ciò che mi sorprese fu che l’angelo non se n’era andato. Non riuscivo a capire come a qualcosa di così bello fosse permesso di stare nell’inferno con me – ma ero grato. Ogni volta che Dio veniva a trovarmi per controllarmi, ero terrorizzato che l’avrebbe portata via, ma lui non lo fece mai. Cominciavo a pensare che forse quei predicatori che parlavano di un Dio misericordioso potevano dopotutto avere ragione. E poi il dolore se ne andò… e loro mi spiegarono le cose.
“erano sorpresi su quanto poco turbato io fossi sulla questione del vampiro. Ma se Carlisle e Rosalie, il mio angelo, erano vampiri, quanto (brutto) poteva essere?” Io annuii concordando completamente, mentre lui continuava. “Io avevo un po’ più problemi ( preoccupazioni) con le regole…” Lui schioccò la lingua. “Tu eri molto occupato con me all’inizio, non è vero?” L’allegra spinta leggera di Emmett alle spalle di Edward ci fece entrambi oscillare.
Edward sbuffò senza togliere gli occhi dalla tv.
“Così vedi, l’inferno non è così brutto se ricevi un angelo per tenerlo tutto per te,” mi assicurò maliziosamente. “Quando lui mai riuscirà ad accettare l’inevitabile, starai bene.”
Il pugno di Edward si mosse così rapidamente che non vidi cosa aveva colpito Emmett che si allungò sopra lo schienale del divano. Gli occhi di Edward non avevano mai lasciato lo schermo.
“Edward!” Sgridai, scandalizzata.
“Non preoccuparti per questo, Bella.” Emmett era tranquillo ,di nuovo sulla sua sedia “So dove trovarlo.” Guardò sopra di me verso il profilo di Edward.
“Tu dovrai abbatterla (vampirizzarla) prima o poi,” lui minacciò. Edward semplicemente ringhiò in risposta senza alzare gli occhi.
“Ragazzi!” la voce di rimprovero di Esme chiamò aspramente in fondo alle scale.
TWILIGHT OUTTAKES
(Note: Questa sezione è un’auto-gratificazione nel suo peggiore. Io stavo semplicemente esplodendo con tutti i nastri e fiocchi rosa da ragazza e con le cose del ballo. Entra a tuo rischio.)
EXTENDED PROM REMIX
“Quando hai intenzione di dirmi cosa sta succedendo, Alice?”
“Lo vedrai, sii paziente,” ordinò grignando in modo ambiguo.
Eravamo sul mio furgone ma stava guidando lei. Ancora tre settimane e sarei stata liberata dal gesso, e poi avevo l’intenzione di mettere molto fermamente il mio piede buono sopra l’affare dello chauffeur. Mi piaceva guidare.
Era tardo maggio, e in qualche modo la terra attorno a Forks stava trovando il modo di essere più verde del solito. Era bello, naturalmente, e mi stavo in qualche modo riconciliando con il bosco, soprattutto per il fatto che trascorrevo là più tempo del solito. Non eravamo ancora del tutto amici, ma stavamo avvicinandoci.
Il cielo era grigio, ma anche questo era il benvenuto. Era un grigio perlaceo, niente affatto torvo, non stava piovendo, e (era) abbastanza caldo per me. Le nuvole erano spesse e sicure, il genere di nuvole che erano diventate piacevoli per me, a causa della libertà che garantivano.
Ma nonostante questi piacevoli contorni, mi sentivo irascibile. In parte a causa dello strano comportamento di Alice. Lei aveva assolutamente insistito per un giorno da ragazze fuori questo sabato mattina, portandomi a Port Angeles per farci fare manicures e pedicures, rifiutando di lasciarmi avere la tonalità più modesta di rosa (smalto) che io volevo, ordinando invece al manicurist di pitturarmi con un rosso scuro scintillante – spingendosi tanto da insistere che mi facessi mettere lo smalto sulle unghie del mio piede ingessato.
Poi mi portò a fare shopping di scarpe, sebbene potessi provare solo metà di ogni paio. Contro le mie strenue proteste mi comprò un paio dei più impratici, costosissimi tacchi a spillo – cose pericolose da guardarsi, tenuti su solamente da sottili nastri di raso che si incrociavano sopra il mio piede e si legavano in un ampio fiocco dietro la mia caviglia. (Le scarpe) Erano di un profondo blu giacinto, e invano cercai di spiegarle che non avevo niente con cui potessi indossarle. Sebbene il mio armadio fosse pieno in maniera imbarazzante dei vestiti che lei mi aveva comprato a L.A. – molti dei quali ancora troppo leggeri da indossare di già a Forks – ero sicura che non avevo niente di quel colore. E anche se avessi avuto qualcosa di quella esatta tonalità nascosto nell’armadio, i miei vestiti non erano veramente adatti ai tacchi a spillo. Io non ero adatta ai tacchi a spillo – riuscivo a mala pena a camminare in maniera sicura con i calzini. Ma la mia inattaccabile logica era sprecata con lei. Nemmeno rispondeva.
“Bene, non sono di Biviano, ma faranno il loro lavoro,” mormorò senza espressione, e poi non aveva più parlato mentre sguinzagliava la sua carta di credito ai commessi stupiti.
Mi passò il pranzo a un fast food drive attraverso il finestrino, dicendomi che dovevo mangiare in macchina, ma rifiutandosi di spiegare la fretta. Inoltre per la strada verso casa dovetti ricordarle diverse volte che il mio furgone non era semplicemente capace di funzionare come una macchina sportiva, anche con le modifiche di Rosalie, e pregarla di dare una pausa alla povera cosa. Generalmente, Alice era la mia chauffeur preferita. Lei non sembrava annoiata di guidare a solo venti o trenta miglia oltre il limite di velocità, il modo in cui molte persone non riuscivano proprio a fare.
Ma l’agenda ovviamente segreta di Alice era solo la metà del problema, naturalmente. Ero anche pateticamente ansiosa perché non avevo visto il viso di Edward da almeno sei ore e questo doveva essere un record per gli ultimi due mesi.
Charlie era stato difficile, ma non così impossibile. Si era riconciliato con la costante presenza di Edward quando ritornava a casa, (non) trovando nulla di cui lamentarsi sul fatto che noi sedevamo sopra i nostri compiti al tavolo in cucina – lui sembrava persino godere della compagnia di Edward mentre loro gridavano insieme alle partite su ESPN. Ma non aveva perso nulla della sua originale rigidezza quando ogni sera precisamente alle dieci in punto teneva risolutamente la porta per Edward.
Naturalmente, Charlie era del tutto ignaro dell’abilità di Edward di riportare la sua macchina a casa e di tornare attraverso la mia finestra in meno di dieci minuti. Lui era molto più carino con Alice, spesso in modo imbarazzante. Ovviamente, fino a che il mio gesso non fu rimosso da qualcosa di più maneggevole, avevo bisogno di un aiuto femminile. Alice era un angelo, una sorella; ogni sera e ogni mattina lei appariva per aiutarmi con le mie routines quotidiane. Charlie era molto enormemente grato di essere sollevato dall’errore di una figlia quasi adulta che aveva bisogno di aiuto per fare la doccia – quel genere di cose che era molto più in là del suo livello di conforto, e anche il mio, per quella cosa.
Ma era con molto più della gratitudine che Charlie prese a chiamarla “Angelo” come soprannome, e la guardava con occhi confusi mentre danzava sorridente attraverso la piccola casa, illuminandola. Nessun umano poteva non essere affascinato dalla sua sorprendente bellezza e grazia, e quando lei scivolava attraverso la porta ogni sera con un affezionato, “Ci vediamo domani, Charlie,” lei lo lasciava attonito.
“Alice, stiamo andando a casa adesso?” chiesi ora, capendo entrambe che intendevo la casa bianca sul fiume.
“Si.” Grignò, conoscendomi bene “Ma Edward non è lì.” Mi corrugai. “Dov’è lui?”
“Aveva qualche commissione da fare.”
“Commissione?” ripetei monotonamente. “Alice,” il mio tono divenne adulante, “per favore dimmi cosa sta succedendo.”
Lei scosse la sua testa, grignando ancora rigidamente. “Mi sto divertendo troppo,” spiegò.
Quando arrivammo a casa, Alice mi portò direttamente su per le scale, verso il suo bagno dalle dimensioni di una camera da letto. Fui sorpresa di trovare lì Rosalie, che aspettava con sorriso celestiale, stando in piedi dietro una bassa sedia rosa. Un impressionante schieramento di strumenti e prodotti copriva il lungo bancone.
“Siediti,” Alice comandò. La considerai attentamente per un minuto, e poi, vedendo che lei si stava preparando ad usare la forza se necessario mi abbassai sulla sedia e mi sedetti con quanta più dignità fossi capace. Rosalie cominciò immediatamente a spazzolare i miei capelli.
“Non credo che mi dirai a cosa serve tutto questo?” le chiesi.
“Puoi torturarmi,” mormorò, assorta con i miei capelli, “Ma non parlerò mai.”
Rosalie mise la mia testa nel lavandino mentre Alice massaggiava i miei capelli con uno shampoo che profumava di menta e pompelmo. Alice mi asciugò furiosamente le ciocche bagnate, poi spruzzò quasi un’intera bottiglia di qualcosa – questa odorava di cetrioli – sulle masse umide e mi asciugò di nuovo.
Poi pettinarono la massa velocemente; qualunque cosa fosse quella al cetriolo, mi rese docili le ciocche. Avrei potuto volerne prendere un po’ in prestito. Poi entrambe presero un phon e si misero al lavoro.
Mentre i minuti passavano, e loro continuavano a scoprire nuove parti di ciocche bagnate, i loro visi cominciarono a diventare un po’ preoccupati. Sorrisi allegramente.
Alcune cose persino i vampiri non potevano velocizzare.
“Lei ha un’orribile massa di capelli,” Rosalie commentò in una voce ansiosa.
“Jasper!” chiamò Alice chiaramente, sebbene non a voce alta, “Trovami un altro phon!”
Jasper venne in loro soccorso, salendo in qualche modo con due phon in più, che mi puntò alla testa, profondamente divertito, mentre (loro) continuavano il loro lavoro con i propri (phon).
“Jasper…” cominciai piena di speranza.
“Mi dispiace, Bella. Non mi è permesso dire nulla.”
Scappò con gratitudine, quando infine fu tutto asciutto – e soffice. I miei capelli erano ritti tre pollici sulla mia testa.
“Che cosa mi avete fatto?” chiesi con orrore. Ma loro mi ignorarono, tirando fuori una scatola di bigodini caldi.
Cercai di convincerle che i miei capelli non si arricciavano, ma loro mi ignorarono, spalmando qualcosa che era di un colore giallo malaticcio attraverso ogni ciocca prima di avvolgerla attorno ad un caldo bigodino.
“Avete trovato le scarpe?” domandò Rosalie con intensità mentre lavoravano, come se la risposta fosse di vitale importanza.
“Si – sono perfette,” miagolò Alice con soddisfazione.
Guardai Rosalie nello specchio, che annuiva come se un grande peso fosse stato tolto dalla sua mente.
“I tuoi capelli sembrano belli,” notai. Non che non fossero sempre ideali – ma li aveva fatti questo pomeriggio, creando una corona di soffici ricci dorati in cima alla sua testa perfetta.
“Grazie.” Lei sorrise. Adesso avevano cominciato il secondo set di bigodini.
“Cosa ne pensi a proposito del make-up?” chiese Alice.
“E’ orribile,” dissi. Loro mi ignorarono.
“Non ne ha molto bisogno – la sua pelle è meglio nuda,” disse Rosalie”Rossetto, comunque,” decise Alice.
“E mascara ed eyeliner,” aggiunse Rosalie, “solo un po’.”
Sospirai a voce alta. Alice rise. “Sii paziente, Bella. Ci stiamo divertendo.”
“Bene, finchè vi divertite voi,” borbottai.
Adesso loro avevano fissato tutti i bigodini con i becchi fermamente e in modo scomodo sulla mia testa.
“Vestiamola.” La voce di Alice si riempì di anticipazione. Lei non aspettò che zoppicassi da sola fuori dal bagno. Invece mi battè sul tempo e mi portò nella grande camera bianca di Rosalie ed Emmett. Sul letto, c’era un vestito. Blu giacinto, naturalmente.
“Cosa ne pensi?” cinguettò Alice.
Era una buona domanda. Era increspato in modo soffice, apparentemente designato per essere indossato molto basso e sotto le spalle, con lunghe maniche drappeggianti che si riunivano ai polsi. Il vero e proprio corpetto era cinto da un’altra stoffa color giacinto con pallidi fiori, che si pieghettavano insieme per formare una sottile gala giù nel lato sinistro. Il materiale floreale era lungo sulla schiena, ma aperto sul davanti sopra diversi strati aderenti di soffici gale color giacinto, con sfumature più chiare man mano che arrivavano al bordo del sedere.
“Alice,” gemetti. “Non posso indossarlo!”
“Perché?” domandò in una voce dura.
“Il top è completamente trasparente!”
“Questo và sotto,” Rosalie aveva in mano un indumento azzurro dall’aspetto inquietante.
“Che cos’è quello?” chiesi terrorizzata.
“E’ un corsetto, sciocca,” disse Alice, impaziente. “Adesso tu lo indosserai, oppure devo chiamare Jasper e chiedergli di bloccarti mentre (te) lo faccio (mettere) io?” minacciò.
“Si suppone che tu sia mia amica,” accusai.
“Sii gentile Bella,” lei sospirò, “Non ricordo quando ero umana e sto cercando di avere un po’ di divertimento vicario. Inoltre è per il tuo bene.”
Mi lamentai ed arrossii molto, ma non ci misero molto a farmi entrare nel vestito. Dovevo ammetterlo, il corsetto aveva i suoi vantaggi.
“Wow,” respirai, guardando verso in basso. “Ho un bel decoltè.”
“Chi l’avrebbe pensato,” scherzò Alice, deliziata dal suo lavoro. Io, comunque non le avevo completamente creduto.
“non pensi che questo vestito sia un po’ troppo… non so, avanti… per Forks?” chiesi esitante.
“Penso che la parola che stai cercando sia alta moda,” Rosalie rise.
“Non è per Forks, è per Edward,” insistette Alice. “E’ proprio quello che ci vuole.
Poi mi portarono di nuovo nel bagno, sfacendo i bigodini con agili dita. Con mio shock, precipitarono cascate di ricci. Rosalie manovrò molte di esse in su, girandoli attentamente in una criniera equina di riccioli che fluttuavano in una pesante linea lungo la mia schiena. Mentre lei lavorava, Alice disegnò velocemente una sottile striscia nera intorno a ciascun occhio, passò il mascara, e applicò attentamente il rossetto rosso scuro sulle mie labbra. Poi sfrecciò fuori dalla stanza e ritornò velocemente con le scarpe.
“Perfette,” Rosalie respirò mentre Alice le teneva su per essere ammirate.
Alice legò la scarpa pericolosamente mortale in maniera esperta, e poi guardò il mio aspetto con speculazione nei suoi occhi.
“Penso che abbiamo fatto quello che potevamo,” scosse la sua testa tristemente. “Non pensi che Carlisle ci lascerebbe…?” guardò Rosalie.
“Ne dubito,” replicò Rosalie seccamente. Alice sospirò. Poi entrambe sollevarono le loro teste.
“Lui è tornato.” Sapevo cosa intendessero con ‘lui’, e sentii vigorose farfalle nello stomaco.
“Lui può aspettare. C’è una cosa più importante,” Alice disse fermamente. Mi sollevò di nuovo – una necessità, ero sicura di non poter camminare in quella scarpa – e mi portò nella sua stanza, dove mi depositò in piedi gentilmente di fronte al suo grande specchio, ad altezza d’uomo, bordato d’oro.
“Lì,” disse. “Vedi?”
Fissavo la straniera nello specchio. Lei sembrava molto alta nella scarpa alta, con la lunga linea flessuosa del vestito aderente che aumentava l’illusione. Il corpetto scollato – dove la sua inusuale, impressionante linea del busto catturò di nuovo i miei occhi – faceva sì che il collo sembrasse molto lungo, così come (faceva) la lunga colonna di ricci splendenti giù per la sua schiena. Il color giacinto del suo vestito era perfetto, esaltando la cremosità della sua pelle d’avorio, e il rosa del blush on sulle sue guance. Lei era molto carina. Dovevo ammetterlo.
“Okay, Alice.” Sorrisi. “Vedo.”
“Non dimenticarlo,” ordinò.
Mi sollevò di nuovo, e mi portò in cima alle scale.
“Girati e chiudi gli occhi!” ordinò in basso alle scale. “E stai fuori dalla mia testa – non rovinare tutto.”
Lei esitò, camminando più lentamente del solito giù per le scale finchè potè vedere che lui aveva obbedito. Poi lei volò il resto della strada (scale).
Edward era in piedi accanto alla porta, la sua schiena verso di noi, molto alto e scuro – non l’avevo mai visto prima vestito di nero. Alice mi mise in piedi, allisciando il drappeggio del mio vestito, rimettendo un ricciolo a posto, e poi mi lasciò lì, andando a sedersi sul panchetto del pianoforte per guardare. Rosalie la seguì per sedersi con lei nel pubblico.
“Posso guardare?” la sua voce era piena di anticipazione – rendeva irregolare il mio battito cardiaco .
“Si… adesso,” Alice dette l’ordine.
Lui si girò immediatamente, e poi si ghiacciò sul posto, i suoi occhi color topazio (erano) spalancati. Potevo sentire il calore salire sul collo e colorare le mie guance. Era così bello; sentii un guizzo della vecchia paura, che lui era solo un sogno, non possibilmente reale. Stava indossando uno smoking, e lui apparteneva alla pellicola di un film, non a me. Lo fissavo in meravigliata incredulità.
Camminò lentamente verso di me esitando lontano un piede quando mi raggiunse.
“Alice, Rosalie… grazie,” respirò senza distogliere gli occhi da me.
Sentii Alice ridacchiare di piacere.
Lui si mosse in avanti, appoggiando il cavo della sua mano fredda sotto la mia mascella, e inchinandosi per premere le sue labbra sotto la mia gola.
“Sei tu,” mormorò contro la mia pelle. Si allontanò (di nuovo), e c’era un fiore bianco nell’altra sua mano.
“Freesia,” mi informò mentre la intrecciava ai miei riccioli. “Completamente inutile, per quanto riguarda il profumo, naturalmente.” Si piegò indietro, guardando di nuovo sopra di me. Sorrise il suo sorriso ferma – cuore. “Sei bella in modo assurdo.”
“Mi hai rubato la battuta,” tenni la mia voce leggera quanto potevo. “Proprio quando mi convinco che sei attualmente reale, ti mostri in questo modo e io ho paura di stare di nuovo sognando.”
Mi prese in braccio velocemente. Mi tenne vicino al suo viso, i suoi occhi (erano) ardenti mentre mi spingeva ancora più vicino.
“Attento al rossetto!” comandò Alice.
Lui rise in modo ribelle, ma invece gettò la sua bocca sull’incavo sopra la mia clavicola.
“Siamo pronti per andare?” chiese.
“Nessuno mi dirà mai che diavolo di occasione è?”
Lui rise di nuovo, guardando sopra le sue spalle verso le sue sorelle. “Non ha indovinato?”
“No,” Alice ridacchiò. Edward rise deliziato. Io mi imbronciai. “Cosa mi sto perdendo?”
“Non preoccuparti, lo capirai abbastanza presto,” mi assicurò.
“Mettila giù, Edward, così posso fare una foto,” Esme stava venendo giù dalle scale con una macchina fotografica argentea nelle sue mani.
“Foto?” Mormorai, mentre lui mi depositò attentamente sul mio piede buono che vacillava. Stavo avendo un cattivo presentimento su tutto questo. “Farai un film?” chiesi in modo sarcastico.
Lui sogghignò verso di me.
Esme ci fece molte foto, finchè Edward che rideva insistette che saremmo stati in ritardo.
“Ci vediamo là,” disse Alice mentre lui mi portava alla porta.
“Alice sarà lì? Qualunque posto sia?” Mi sentii un po’ meglio.
“E Jasper, e Emmett, e Rosalie.”
La mia fronte si corrugò per la concentrazione mentre cercavo di capire il segreto.
Lui represse una risatina alla mia espressione.
“Bella,” Esme mi chiamò, “tuo padre è al telefono.”
“Charlie?” Edward ed io chiedemmo simultaneamente. Esme mi portò il telefono, ma lui l’agguantò mentre lei cercava di darmelo, tenendomi lontano senza sforzo con un braccio.
“Hey!” Protestai, ma lui stava già parlando.
“Charlie? Sono io. Cosa c’è che non và?” Sembrava preoccupato. Il mio viso impallidì. Ma poi la sua espressione divenne divertita – e improvvisamente maligna.
“Dagli il telefono, Charlie – lasciami parlare con lui.” Qualunque cosa stesse succedendo, Edward si stava divertendo un po’ troppo perché Charlie fosse in pericolo. Mi rilassai leggermente.
“Ciao, Tyler, sono Edward Cullen,” la sua voce era molto amichevole in superficie. La conoscevo abbastanza bene per cogliere la sottile vena di minaccia. Che cosa stava facendo Tyler a casa mia? L’orribile verità cominciava a farsi luce su di me.
“Mi dispiace se c’è stato qualche tipo di incomprensione, ma stasera Bella non è disponibile.” Il tono di Edward cambiò, e la minaccia nella sua voce divenne improvvisamente molto più evidente mentre continuava. “Per essere del tutto onesto, lei non sarà disponibile nessuna sera, per chiunque escluso il sottoscritto. Senza offesa. E mi dispiace per la tua serata.” Non suonava affatto dispiaciuto. E poi chiuse il cellulare, un ampio sorriso sul suo viso.
“Tu mi stai portando al ballo!” Accusai furiosamente. Il mio viso e il mio collo si arrossarono di rabbia. Potevo sentire le lacrime indotte – dalla – rabbia cominciarono a riempire i miei occhi.
Non si era aspettato la forza della mia reazione, questo era chiaro. Premette le sue labbra insieme e i suoi occhi si scurirono.
“Non essere difficile, Bella.”
“bella, andremo tutti,” incoraggiò Alice, improvvisamente alle mie spalle.
“Perché mi stai facendo questo?” domandai.
“Sarà.” Alice era ancora apertamente ottimistica.
Ma Edward si piegò per mormorarmi all’orecchio, la sua voce vellutata e seria.
“Sei umana solo una volta, Bella. Assecondami.”
Poi girò la piena forza dei suoi pungenti occhi color topazio su di me facendo squagliare la mia resistenza con il loro calore.
“Bene,” mormorai, incapace di squadrarlo come mi sarebbe effettivamente piaciuto fare, “Starò buona. Ma vedrai,” avvisai tetramente, “questa è la sfortuna di cui ti sei preoccupato. Probabilmente mi romperò l’altra gamba. Guarda questa scarpa! E’ una trappola mortale!” Tenni fuori la mia gamba buona come prova.
“Hmmm,” Lui fissò la mia gamba per un momento più lungo del necessario, e poi guardò verso Alice con occhi brillanti, “Di nuovo, grazie.”
“Farete tardi per passare da Charlie,” gli ricordò Esme.
“Bene, andiamo,” mi condusse attraverso la porta.
“Charlie è implicato in ciò?” chiesi a denti stretti.
“Naturalmente,” sogghignò.
Ero preoccupata, così all’inizio non lo notai. Ero solo vagamente consapevole di una macchina d’argento, e pensai fosse la Volvo. Ma poi si piegò così in basso per mettermi dentro che pensai (che) mi stesse mettendo a sedere per terra.
“Cos’è questa?” domandai, sorpresa di trovarmi in una coupé non familiare. “Dov’è la Volvo?”
“La Volvo è la mia macchina da tutti i giorni,” mi disse attentamente, preoccupato che potessi avere un altro attacco. “Questa è una macchina per le occasioni speciali.”
“Cosa penserà Charlie?” scossi la testa disapprovando mentre lui entrava dentro e avviava il motore. Questo fece le fusa.
“Oh, la maggior parte della popolazione di Forks pensa che Carlisle sia un avido collezionista di auto.”
“Non è così?”
“No, questo è più un mio hobby. Anche Rosalie colleziona macchine, ma lei preferisce dilettarsi con le loro parti interne piuttosto che guidarle. Ha lavorato molto su questa per me.”
Mi stavo ancora chiedendo perché stavamo tornando a casa di Charlie quando ci fermammo di fronte ad essa. La luce del portico era accesa, anche se non era del tutto buio. Charlie doveva essere in attesa, probabilmente adesso stava guardando fuori dalla finestra. Cominciai ad arrossire, chiedendomi se la prima reazione di mio padre al vestito sarebbe stata simile alla mia. Edward camminò intorno alla macchina, lentamente per lui, per arrivare alla mia portiera – confermando i miei sospetti che Charlie stava guardando. Poi mentre Edward mi stava attentamente sollevando fuori dalla piccola auto, Charlie – molto stranamente per lui – uscì fuori nel cortile per salutarci. Le mie guance erano in fiamme; Edward lo notò e mi guardò interrogativo. Ma non avevo bisogno di preoccuparmi. Charlie neppure mi vide.
“Questa è un’Aston Martin?” chiese ad Edward in una voce reverente.
“Si – la Vanquish.” Gli angoli della sua bocca si contorsero, ma lui si controllò.
Charlie fischiò leggermente.
“Vuoi farci un giro?” Edward gli mostrò la chiave.
Gli occhi di Charlie lasciarono finalmente la macchina. Guardò verso Edward con incredulità – colorato da una leggera tinta di speranza.
“No,” disse riluttante, “Cosa direbbe tuo padre?”
“A Carlisle non dispiacerebbe affatto,” disse sinceramente Edward, ridendo. “Vai pure.” Premette la chiave nella desiderosa mano di Charlie.
“Bene, solo un giro veloce…” Charlie stava già accarezzando i paraurti con una mano.
Edward mi aiutò a zoppicare fino alla porta d’ingresso, prendendomi in braccio non appena fummo dentro, e portandomi verso la cucina.
“Ha funzionato bene,” dissi. “Non ha avuto la possibilità di agitarsi per il vestito.”
Edward ammiccò. “Non ci avevo pensato,” ammise. I suoi occhi vagarono di nuovo sul mio vestito con un’espressione critica. “Penso sia una buona cosa che non abbiamo preso il furgone, classica o no.”
Non volendo distolsi lo sguardo dal suo viso abbastanza a lungo da notare che la cucina era insolitamente scura. Sul tavolo c’erano candele, molte, forse venti o trenta alte candele bianche. Il vecchio tavolo era nascosto da una lunga tovaglia bianca, così come lo erano due sedie.
“E’ a questo che hai lavorato oggi?”
“No – questo ha preso solo mezzo secondo. E’ stato il cibo che ha preso tutto il giorno. So quanto trovi opprimenti i ristoranti alla moda, non che qui intorno ci siano molte scelte che ricadono nella categoria, ma ho deciso che non potevi trovare nulla di cui lamentarti sulla tua cucina.”
Mi fece sedere in una delle sedie drappeggiate di bianco, e cominciò a tirar fuori (delle) cose dal forno e dal frigo. Notai che c’era solo un posto apparecchiato.
“Non hai intenzione di dare da mangiare anche a Charlie? Tornerà a casa prima o poi.”
“Charlie non potrebbe mangiare un altro morso – che pensi che fosse il mio assaggiatore? Dovevo essere sicuro che tutto questo fosse commestibile.” Mise un piatto di fronte a me, pieno di cose che sembravano molto appetibili.
Sospirai.
“Sei ancora arrabbiata?” Spinse l’altra sedia intorno al tavolo così potette sedersi accanto a me.
“No. Bene, si, ma non molto in questo momento. Stavo solo pensando – così come viene, l’unica cosa che potevo fare meglio di te. Questo sembra< grande.” Sospirai di nuovo.
Lui sorrise. “Non l’hai ancora assaggiato – sii ottimistica, forse è terribile.”
Presi un morso, mi fermai, e poi feci una boccaccia.
“E’ terribile?” chiese scioccato.
“No, è favoloso, naturalmente.”
“Questo è un sollievo,” sorrise, così bello. “Non essere preoccupata, c’è ancora un sacco di cose in cui sei migliore.”
“Dimmene almeno una.”
Non rispose all’inizio, fece scorrere solo leggermente il suo dito freddo lungo la linea della mia clavicola, tenendo il mio sguardo con occhi ardenti fino a quando sentii la mia pelle bruciare e diventare rossa.
“Ecco qua,” mormorò, toccando il rossore sulla mia guancia. “Non ho mai visto nessuno arrossire bene come te.”
“Magnifico,” mi imbronciai. “Reazioni involontarie – qualcosa di cui posso essere orgogliosa.”
“Tu sei anche la persona più coraggiosa che conosco.”
“Coraggiosa?” Derisi me stessa.
“Trascorri tutto il tuo tempo libero in compagnia di vampiri; questo richiede molti nervi. E non esiti a mettere te stessa nella pericolosa prossimità dei miei denti…”
Scossi la mia testa. “Sapevo che non saresti potuto venire fuori con qualcosa.”
Lui rise. “Sono serio. Lo sai. Ma non importa. Mangia.” Mi prese la forchetta, impaziente, e cominciò ad imboccarmi. Il cibo era tutto perfetto, naturalmente.
Charlie tornò a casa quando avevo quasi finito. Guardai il suo viso attentamente, ma la mia fortuna stava tenendo, lui era troppo inebriato dalla macchina per notare come fossi vestita. Restituì le chiavi ad Edward.
“Grazie, Edward,” sorrise sognante. “Quella è una macchina.”
“Prego.”
“Com’è il risultato?” Charlie guardò il mio piatto vuoto.
“Perfetto.” Sospirai.
“Sai, Bella, qualche volta potresti lasciargli praticare la cucina (cucina) per noi di nuovo,” suggerì.
Lanciai ad Edward uno sguardo torvo. “Sono sicura che lo farà, Papà.”
Non fu prima che noi uscissimo dalla porta che Charlie si svegliò del tutto. Edward aveva il suo braccio intorno alla mia vita, per bilanciarmi e sostenermi, mentre io zoppicavo nella scarpa instabile.
“Um, sembri…molto cresciuta, Bella.” Potevo sentire l’inizio di una ramanzina paterna di disapprovazione.
“Alice mi ha vestito così. Non ho potuto dire molto in nulla.”
Edward rise così a bassa voce che solo io potetti sentirlo.
“Bene, se Alice…” si abbassò, in qualche modo addolcito. “Sei molto carina, Bells.” Si fermò, un barlume scherzoso nei suoi occhi. “Così, mi devo aspettare qualche altro giovane uomo in smoking stasera che si faccia avanti?”
Grugnii ed Edward ridacchiò. Come potesse essere una persona così dimentica come Tyler, non potevo immaginarmelo. Non è che Edward ed io fossimo esattamente un segreto a scuola. Arrivavamo e ce ne andavamo insieme, mi accompagnava a quasi tutte le lezioni, ogni giorno mi sedevo con lui e la sua famiglia per pranzo, e inoltre lui non era timido a baciarmi di fronte a testimoni. Tyler aveva chiaramente bisogno di un aiuto professionale.
“Lo spero,” Edward sorrise a mio padre. “C’è un frigorifero pieno di avanzi – dì loro di servirsene.”
“Non penso proprio – quelli sono i miei,” disse Charlie.
“Prendi i nomi per me, Charlie,” la vena di minaccia nella sua voce era probabilmente udibile solo a me.
“Oh, basta!” ordinai.
Ringraziando il cielo, finalmente salimmo nell’auto e ce ne andammo.
Kiss Kiss piccolina__